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Campane a morto per il motore endotermico.
Può suonare come un’opportunità?

© riproduzione riservata

Ore 19 del giorno di San Valentino. Tornato a casa mi sono messo nello studio per controllare i portafogli di alcuni clienti prima di cenare ed ho messo in sottofondo, come faccio sempre, SkyTg24.

 

Mentre ragionavo su un titolo ho ascoltato una notizia che per me, da appassionato di motori, aveva il suono triste delle campane a morto: è arrivato il voto definitivo dell’Europarlamento per la messa al bando, dal 2035, dei motori alimentati a benzina e diesel.

 

Non sono aprioristicamente contrario all’elettrificazione: l’auto di mia moglie è un’ibrida plug-in, e devo dire che anche se non ha un’impostazione sportiva, l’accoppiata motore termico-elettrico sa regalare qualche bella emozione. Il tutto con una discreta economicità di utilizzo.

 

Però per qualcuno (come me…) l’idea di automobile, vista non solo come mero mezzo di trasporto, è legata indissolubilmente al motore termico.

 

Passato lo shock iniziale e messi da parte i giudizi personali sulla sensatezza della scelta fatta dall’Unione Europea ho cominciato a ragionare sugli impatti economici e finanziari che essa avrà.

 

Non che fosse argomento sul quale non avevo riflettuto prima. Ma avere delle date aiuta a focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti.

 

Sono partito dalla motivazione che ha portato a questa decisione: i motori tradizionali hanno il destino segnato non perché siano stati sorpassati tecnologicamente da altro (ci sono ancora molti nodi da sciogliere sulla mobilità elettrica) o per motivi economici (le auto elettriche sono ancora mediamente molto care), bensì per una precisa scelta della politica finalizzata alla tutela dell’ambiente.

 

Rispetto alla situazione attuale con questa “rivoluzione” si tenderà ad avere un inquinamento sempre più concentrato in alcuni luoghi ben precisi anziché lungo le strade: dove viene prodotta l’energia elettrica per alimentarle e dove verranno smaltite le batterie. Anche dove vengono estratte le materie prime necessarie ad assemblarle, le c.d. “terre rare”, ma si tratta di territori fuori dall’UE…

 

C’è la reale intenzione di eliminare quanto più possibile il problema e non solo spostarlo? Questo è quello che si chiedono in molti, soprattutto i detrattori delle auto elettriche.

 

Penso, (spero…), di sì.

 

E quali opportunità si possono aprire?

 

La prima e più importante è rappresentata dalle fonti energetiche rinnovabili. Sia quelle già fruibili che quelle più o meno futuribili. Importanza cruciale in questo secondo gruppo riveste l’energia nucleare da fusione. Tra circa 20 anni dovremmo cominciare ad avere energia elettrica immessa in rete prodotta da questo tipo di centrali. Speriamo anche prima.

 

Che senso ha infatti mandare in pensione le auto a benzina e diesel se poi l’energia per alimentare quelle elettriche è prodotta da centrali a carbone o altri combustibili fossili?! Così avremmo solo, appunto, spostato il problema.

 

Per l’Europa, quindi, è indispensabile studiare ed adottare un piano di politica energetica green serio, rapido e realizzabile. Preferibilmente da adottare di concerto tra i paesi membri.

 

Una spinta aggiuntiva arriva dal conflitto tra Russia ed Ucraina: sia per motivi geopolitici che economici la necessità di svincolarsi da paesi terzi per l’approvvigionamento energetico oscilla tra l’urgenza e l’emergenza.

 

Poi ci sono gli aspetti del settore automotive in senso stretto.

 

C’è da dire che l’Europa non è il mondo intero, ma credo sia piuttosto chiaro che una decisione del genere può portare altri governi a fare scelte simili. Soprattutto considerando che l’industria automobilistica stessa (paradossalmente però quella europea meno di altre) ha cominciato a muoversi da sola verso la mobilità elettrica. Oltre alla nota Tesla, “nativa elettrica”, un po' tutte le case di ogni parte del globo da tempo hanno cominciato ad inserire nei loro listini sia versioni con motorizzazioni ibride (full / mild / plug-in hybrid) che full electric.

 

A queste si affiancano una serie di marchi cinesi che stanno seguendo un percorso simile alle altre case note ai più. Simile ma molto più rapido…

 

“Loro”, tra l’altro, sono avvantaggiati dal fatto di avere in casa ciò che serve per costruire auto elettrificate rispetto a quelle con motori tradizionali. Perché costruire auto più elettriche o totalmente elettriche significa avere bisogno di più chip a bordo e molti più cablaggi (oltre alle batterie), quindi semiconduttori.

 

Anche per questo vedo la Cina come il paese che maggiormente può rappresentare nei prossimi anni fonte di ottime opportunità. Purché Xi Jinping non decida sia giunta l’ora di “riprendersi” Taiwan manu militari.

 

E la sua industria automobilistica può definitivamente sfondare sui mercati mondiali, anche quelli “maturi” ed esigenti come il nostro.

 

Non solo per quanto detto sopra (approvvigionamento di semiconduttori ecc.), ma per diverso modo di vedere le automobili.

 

La prendo da lontano…

 

Parto da un ragionamento fatto dal gestore di un fondo qualche mese fa. Ragionamento che secondo me non fa una piega: egli affermava che andando avanti nel tempo nell’industria automobilistica, soprattutto per i marchi generalisti, si avrà una generale spersonalizzazione del “prodotto automobile”. Processo già in atto da tempo, che assumerà connotati ancora più estremi.

 

Ho una vecchia cabriolet del 2002 che sto restaurando, che ha un motore 1.8 litri benzina. Di quell’auto, che già essendo una cabrio non aveva a disposizione tutte le motorizzazioni presenti per la versione berlina, erano disponibili oltre alla 1.8 la 1.6, la 2.0 e la 2.0 turbo. Quindi ben 3 motori diversi, di cui uno nella versione aspirata e turbo.

 

L’auto che guido tutti i giorni invece, molto più recente, è un 2.2 litri diesel; alimentazione più comune per il tipo di auto. Ebbene in questo caso il medesimo “blocco motore”, grazie a diverse mappature e con l’aggiunta di un secondo turbocompressore, è declinato in ben 3 diversi livelli di potenza: da 136, 170 ea 204 cavalli.

 

Questo perché con il tempo l’esigenza di ridurre i costi, unita all’avanzare della tecnologia, ha portato a mettere da parte dettagli che per la maggior parte degli automobilisti erano di poco conto.

 

Probabilmente si andrà sempre più verso modelli industriali nel settore automotive meno emozionali e più razionali. L’auto sarà “l’elettrodomestico” che ti trasporta dal punto A al punto B. Per questo si sarà disposti a spendere sempre meno, se tanto il risultato tra prodotti diversi è assimilabile.

 

L’europea ed un tempo blasonata Nokia, che aveva rivoluzionato il mercato della fonia mobile, oggi vende una piccola frazione rispetto alla cinese Huawei. Il tutto in un contesto che ha visto il telefono cellulare passare da strumento fatto esclusivamente per telefonare e successivamente messaggiare a strumento multitasking che incidentalmente può servire per comunicare a voce.

 

Le automobili probabilmente seguiranno un percorso del simile. Percorso che mi rifiuto di definire evolutivo…

 

La trazione Quattro delle Audi, le sospensioni idropneumatiche della Citroen, il lusso made in Italy delle Lancia ed i motori V6 Busso dell’Alfa Romeo saranno retaggio di un mondo lontano.

 

Rimarranno argomenti di conversazione dei “nerd dell’automobile” che si riuniranno nei pub a tema.

 

Mi troverete spesso in posti come quelli.


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