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La “moria” delle filiali bancarie:
causa o sintomo dell’evoluzione del sistema bancario?

Viviamo in anni di rapidi ed importanti cambiamenti. Vale un po' per tutti i settori.

 

Siamo passati dall’avere una persona su due un cellulare Nokia a vedere quell’azienda pressoché scomparsa dai radar, soppiantata da smartphone a cui telefonare è la cosa marginale che gli si richiede. Oppure ricordate i Compact Disc, che sembravano essere il futuro a tempo indeterminato nella conservazione dei dati? Il suo primo step evolutivo, il Mini CD, è durato un nonnulla, soppiantato dalle chiavette USB e dal cloud.

 

Nel mio settore, quello della consulenza finanziaria e del mondo bancario in generale, i cambiamenti sono altrettanto rapidi. E buona parte di questi cambiamenti passa dalla sempre minore rilevanza dello sportello bancario come luogo deputato all’offerta dei servizi ed allo sviluppo della relazione tra consulente e cliente.

 

Oggi in Italia ci sono 21.650 sportelli bancari, l’8% in meno rispetto all’anno precedente. Se andiamo al 2010, anno in cui sono stato assunto come dipendente presso la mia precedente azienda, gli sportelli bancari erano addirittura 34.036, e nonostante la forte riduzione abbiamo ancora una media di numero di filiali per 100.000 abitanti tra le più elevate d’Europa.

 

Questo per il passato, ma non è finita qui.

 

Se prendiamo in considerazione le due realtà bancarie più grandi, nel piano industriale 2021 Unicredit ha inserito la chiusura di 450 filiali ed analogamente Intesa Sanpaolo prevede nel piano 2022-2025 la chiusura di circa 1.000 filiali.

 

Il primo obiettivo per gli istituti è quello di ridurre dei costi oramai spesso improduttivi.

 

Ma una spinta è data anche dall’esigenza più o meno latente in tanti persone a cercare un tipo di seguimento diverso, magari proprio in reazione ad una scena che vado a descrivere, un po' “carica”, ma che si avvicina molto alla realtà.

 

Immaginate di recarvi nella filiale della vostra banca, sollecitati dal nuovo impiegato che vi ha in carico (il quinto diverso in dieci anni) per rivedere il vostro portafoglio di investimenti. Prendete un giorno di ferie, sperando che stavolta i terminali funzionino, non come la volta precedente... Vi mettete in macchina, raggiungete la filiale (magari non vicinissima), trovate un parcheggio ed entrate in filiale. Qui vi dirigete alla scrivania dell’impiegato che si occupa di investimenti, passando accanto a due condomini, un ex compagno di scuola ed il meccanico del paese. L’impiegato, che non ha nemmeno una stanza ma un box, vi dice dopo i saluti di rito: “I centomila che avevate investito 3 anni fa hanno recuperato le commissioni di ingresso, è il momento di cambiarli. A tal proposito avrei un prodottino fatto apposta per lei”. Nonostante il tono di voce pacato tutte e quattro le persone che sono in filiale, oltre agli altri impiegati, sentono tutto. Mentre ascoltate si affaccia poggiando il braccio al bordo del box uno dei vostri condomini che chiede all’impiegato di che “prodotto” si tratti. Imbarazzato e disorientato, per chiudere rapidamente il discorso accettate la proposta che vi costa un 3% di commissioni di sottoscrizione, che “sicuramente in poco tempo saranno recuperate”. Mentre tornate a casa vi chiedete come mai negli ultimi dieci anni in quelle 20 visite che avete fatto in banca dedicate ai vostri risparmi siete riusciti a perdere un mese di ferie per non guadagnare un centesimo e far sapere a vicini e conoscenti i fatti vostri.

 

Credo che la sempre maggior attenzione alla figura del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede passi anche da questi aspetti.

 

Per me stesso, oltre che per i miei clienti, reputo un enorme vantaggio la possibilità di prendere degli appuntamento a qualsiasi orario, senza costringere le persone a prendere giorni di ferie o, nel caso di liberi professionisti, perdere opportunità di lavoro. L’elasticità e la disponibilità sono un valore aggiunto, senza per questo dover sconfinare nel “Non mi disturba affatto, mi dica” di verdoniana memoria pronunciato in qualsiasi momento.

 

Inoltre ritengo che la questione della privacy, qualsiasi sia l’argomento di conversazione tra voi ed il vostro consulente, sia importante. Tanto più se si tratta del vostro patrimonio e a prescindere dalla sua entità.

 

Solo vantaggi? Sì, in realtà sì. E la velocità con cui gli stessi istituti di credito stanno cambiando rotta, con l’alto numero di filiali chiuse o in chiusura e l’apertura ai contratti misti dei suoi collaboratori (metà dipendenti e metà a p. iva abilitati all’offerta fuori sede) ne è la riprova.

 

Coloro che non sempre se ne rendono conto a volte sono proprio i clienti, abituati a poggiarsi su alcune certezze, una delle quali è: “se una cosa non si vede, non esiste”.

 

A chi pone questa obiezione, formulata in vario modo (a volte solo pensata), racconto una brutta storia. Qualche anno fa aprì una finanziaria in uno dei comuni dei Castelli Romani: da quanto mi hanno raccontato dei clienti, alcuni dei quali hanno vissuto l’esperienza in prima persona, si trattava di un’azienda che oltre a garantire rendimenti sui depositi superiori alla media degli altri Istituti, aveva una bellissima sede. Nella sede potevi entrare, ti ci potevi sedere, “esisteva”. Anche i rendimenti erano “visibili”, venivano accreditati sui conti correnti delle persone. Peccato però che all’inizio del nuovo millennio quella realtà è finita “zampe all’aria”, con tutta la sua tangibilità. Eppure “esisteva”…

 

Questo per dire che ciò che di più vero e solido c’è in questo ambito è il rapporto di fiducia che lega un cliente alla persona preposta alla tutela e gestione dei suoi risparmi. Per il luogo e l’orario in cui dedicarvi ai vostri risparmi non preferite sceglierlo voi?

 

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