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Gli “affaroni” di oggi che rischiano di essere le delusioni di domani

Vorrei fare una domanda ai miei colleghi: a quanti di voi non è mai capitato negli ultimi anni di ricevere una

 

domanda del tipo <<Ma queste criptovalute? Le compriamo?>>

 

Credo pochi, pochissimi.

 

Premetto: non sono un esperto di criptovalute.

 

Ma nel mio lavoro, per poterlo far bene, cerco di non farmi guidare da pregiudizi, siano essi positivi o negativi, rispetto alle novità che si affacciano sui mercati. Cerco semmai di farmi un’idea in base a quello che è il mio bagaglio culturale, alla mia esperienza e, nei campi in cui sono carente, reperisco informazioni il più possibile affidabili.

 

Ho una formazione prettamente umanistica, essendo laureato in Scienze Politiche. Ma per poter intercettare opportunità in cui investire (o da tenere alla larga) è importante avere occhi ed orecchie aperte e sapere un po' di tutto. Essere aperti a tutto.

 

Internet ed i social in questo aiutano molto. Ad esempio alcune notizie e spunti di ragionamento li ho avuti grazie a realtà come il gruppo di divulgazione scientifica Geopop, nel campo energetico per dirne una.

 

Se cerchiamo su Wikipedia la parola “valuta” la sua lunga descrizione comincia con questa frase: << La valuta è un'unità di scambio che ha lo scopo di facilitare il trasferimento di beni e servizi>>.

 

Ma può una valuta avere delle oscillazioni di prezzo rispetto alla principale valuta mondiale, il dollaro, da un minimo di $3.000 ad un massimo di oltre $64.000 in pochi anni? Questo è quello che è successo negli ultimi 5 anni al Bitcoin, la più nota delle criptovalute. Che penso avesse una quotazione iniziale nel 2008 di 1 dollaro o giù di lì.

 

Se una valuta serve a facilitare gli scambi come può avere un’oscillazione della sua quotazione così elevata?

 

Un po' come i derivati, che nascono come strumento di copertura o per costruire strumenti finanziari strutturati e che, nel corso degli anni ed in alcuni contesti, sono divenuti principale oggetto di investimento, con conseguenze anche molto negative per chi ci ha fatto affidamento. O che li ha utilizzati in maniera impropria. Clamore fece qualche anno fa il loro utilizzo “creativo” nei bilanci di alcuni enti locali in Italia, oppure il peso che avevano nei ricavi, veri o presunti, di alcune banche estere.

 

Similmente le criptovalute. Nate come strumento di pagamento, come una valuta. Ma che nel tempo sembrerebbero essere state prese per altro. Come uno strumento speculativo, un “ascensore” per far salire i propri soldi.

 

Con questo non voglio dire che le criptovalute siano da demonizzare o da buttare, anzi. La tecnologia della blockchain, su cui si basano le criptovalute, potrebbe affermarsi come la prossima evoluzione nella storia della moneta.

 

Una storia che parte da lontano. Con la moneta costituita dai beni di consumo nel baratto, da metalli pregiati nell’antichità, con un loro valore intrinseco, soppiantate poi da monete con il solo valore facciale. Poi ancora la carta-moneta. E la fase più rilevante politicamente del periodo contemporaneo, quando con gli accordi di Bretton Woods viene stabilita la convertibilità del dollaro statunitense con l’oro, poi abbandonata all’inizio degli anni Settanta.

 

Crede nella blockchain la Cina, che se da un lato ha limitato l’utilizzo di criptovalute private, ha messo in piedi il renmimbi elettronico. Per un paese fortemente orientato al controllo dei cittadini, non solo dei suoi, consentire il proliferare di una moneta che sfugge a qualsiasi tipo di controllo sarebbe stato un controsenso; ma lo sarebbe anche non cogliere, per governarla e sfruttarla, una novità di questa portata.

 

Perché la caratteristica peculiare delle criptovalute è proprio l’assenza di un controllo statale.

 

Si tratta di una moneta non fisica, la cui stessa esistenza ed autenticità è garantita da una stringa crittografata; dei codici il cui possesso determina la proprietà di quella quantità di valuta. Spero di averla descritta bene… ripeto, non sono un esperto dell’argomento.

 

Ma non è ovviamente tanto la natura tecnica delle criptovalute che mi interessa, quanto la sua valenza in ambito finanziario. Mi occupo di quello…

 

Il motivo per cui a me come ai miei colleghi viene chiesto dai clienti la possibilità di investire in criptovalute è il clamore che hanno avuto alcuni loro picchi nella quotazione, non di certo la questione prettamente tecnica.

 

Come stabilisco se e quali asset far acquistare ai miei clienti? Semplice (dirlo, non farlo, ve lo garantisco). Li analizzo per farmi un’idea e capire se aspettarmi, entro un certo orizzonte tempo la possibilità di rivenderli, con un certo grado di sicurezza, ad un prezzo maggiore. Il secondo passaggio è cercare di capire di quanto sarà la maggiorazione di prezzo.

 

E le criptovalute?

 

Non si tratta di un’obbligazione, il cui valore è determinato da tassi, rating dell’emittente e durata. Né di un titolo o gruppo di titoli azionari, i cui corsi si possono in parte prevedere in base ad una serie di valutazioni, come la salute dei conti delle aziende in questione, l’andamento del settore in cui operano e le sue prospettive future, le condizioni di mercato in generale ecc.

 

Come abbiamo detto non c’è nessuna autorità pubblica dietro le criptovalute private, quindi non possiamo neppure analizzare i bilanci di uno stato “X”, la quantità di suo debito pubblico in circolazione, le politiche monetarie adottate in passato da esso e da quelle che verosimilmente, in base al governo attuale, può adottare nel presente e nel futuro.

 

E’ apolide, e comunque non segue le logiche delle valute tradizionali.

 

Fare una valutazione su dove può andare la quotazione di una criptovaluta entro un certo lasso di tempo equivale, a mio modesto parere, a chiedere al capitano di una nave dove può arrivare il suo battello navigando senza bussola, con il cielo nuvoloso, in mare aperto e senza conoscere il porto di partenza. E pure bendato, per abbondare.

 

Aggiungo che questa valutazione sulle criptovalute non sembrano saperla fare nemmeno le grandi banche di investimenti, visto che mi è capitato di leggere previsioni di qualsiasi tipo sul tema.

 

Si sente spesso dire la frase “giocare in borsa”.

 

Io da anni gioco in società con mio padre due schedine al Superenalotto. Sempre le stesse. Ma il nostro desiderio di fare 6 non aumenta le possibilità di farlo; sono sempre una su oltre 600 milioni, se ricordo bene. L’unica è fare affidamento alla botta di c… fortuna.

 

Rifletteteci. Giochereste con i vostri soldi? Perché di questo si tratta.

 

Il vostro patrimonio, che magari avete messo su con tanto sacrificio, vostro e delle generazioni precedenti, rappresenta il bastone della vostra vecchiaia, gli studi dei vostri figli, la loro casa, le vacanze all’estero che volete fare ed a cui per ora avete rinunciato.  

 

Gli affari imperdibili, quelli da portare a casa entro domenica sennò la promozione finisce, in finanza non ci sono. Vale per i divani, ma forse nemmeno per quelli…

 

Ci sono senz’altro opportunità da cogliere, ma spesso sono tali fin quando non divengono di dominio pubblico. Una delle tante cose che un bravo consulente finanziario deve saper fare è proprio scovarle in tempo utile.

 

Per “giocare”, se vi volete togliere lo sfizio, ci sono i casinò, anche quelli virtuali che potete raggiungere comodamente dalla vostra poltrona di casa. Se siete bravi vi potete portare a casa anche qualche vittoria.

 

Ma ricordate, il banco vince sempre, quindi moderazione.

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