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Da qualche tempo ho cominciato a focalizzare la mia attenzione sulle aziende.
Un target di potenziali clienti visti con poco interesse dai private banker.
I motivi di questo scarso appeal sono molteplici.
L’abitudine: quando si hanno prevalentemente clienti privati molti colleghi ne cercano di nuovi con caratteristiche simili. Perché anche se ogni cliente è diverso dall’altro le esigenze saranno simili.
Quindi non c’è bisogno di acquisire ed affinare nel tempo nuove competenze.
Basti pensare a quanto pesino per un’azienda le necessità di tipo creditizio, che non rappresentano propriamente il core business delle banche private.
Poi c’è il tema della “risorsa tempo” necessaria per occuparsi al meglio di un cliente-azienda.
Le aziende hanno spesso bisogni molto più articolati rispetto ai privati. E ciò comporta un maggior dispendio di tempo ed energie per garantire un servizio adeguato.
Anche un lavoro più “frammentato”, vista la necessità di interfacciarsi con altri professionisti che seguono il medesimo soggetto: il legale, il commercialista ecc.
Il tutto per una remunerazione per il consulente ridotta.
Perché a parità di volumi rispetto ad un privato (di solito è così, ma non è legge) un’impresa ha necessità di avere un cuscinetto di liquidità più elevato, quindi meno somme da investire.
Inoltre per quello stock di liquidità consolidata negli anni l’orizzonte temporale non sarà lunghissimo. E questo pone un certo vincolo su cosa sia opportuno consigliare per costruire correttamente il suo portafoglio.
Quindi sintetizzando il ragionamento di tanti consulenti: <<Tanta spesa, poca resa>>.
Ragionamento legittimo. Che non condivido.
Perché acquisire questo tipo di clienti rappresenta per me anche un investimento. E proficuo.
Quei casi in cui ho aperto rapporti prima a delle aziende che ai loro amministratori e soci (figure che sovente coincidono) hanno sempre poi visto allargare la collaborazione ai rapporti personali delle figure coinvolte. E questo alla lunga semplifica il lavoro del consulente: seguire le aziende aiuta l’efficienza nella gestione del patrimonio dei miei clienti privati, dato che nel caso degli imprenditori buona parte del loro patrimonio sarà rappresentata proprio dalle quote della loro società…
Senza tralasciare l’importante leva del passaparola, fondamentale nella mia professione.
Un cliente soddisfatto sarà ben contento di parlare bene del suo consulente finanziario ai suoi amici e collaboratori. E per quella che è la mia esperienza raramente gli imprenditori sono soddisfatti del servizio ricevuto dai loro partner in campo bancario.
Tante volte mi viene raccontato di come le proposte vertono solo sul “prodotto della banca”.
Oppure c’è il tema delle polizze vita e danni chieste come contropartite per ricevere un finanziamento o uno sconto sul tasso. Nonostante siano previste sanzioni a carico degli Istituti che promuovono questo tipo di comportamenti, tanti imprenditori mi hanno raccontato di richieste di questo tipo… La cosiddetta “vendita a strappo”, che con la consulenza ha ben poco a che fare.
La maniera in cui ritengo giusto interpretare la mia professione non prevede di occuparmi “solo” del portafoglio di investimenti finanziari delle persone, ma del loro patrimonio nel complesso. Un patrimonio che può essere anche di natura immobiliare (sappiamo quanto gli italiani siano affezionati al mattone, a volte in maniera anche poco razionale) e sotto forma di quote di società.
Tipi di patrimonio che necessitano della giusta attenzione tanto quanto la componente finanziaria.
A volte anche di più.
Sì perché ci sono tutta una serie di aspetti, soprattutto di natura fiscale, molto più articolati di un portafoglio di investimenti con obbligazioni, fondi comuni & co.
Ovviamente non sono né un fiscalista né un commercialista. Ma il mio punto di vista può essere di supporto nel lavoro di altri professionisti che seguono il medesimo soggetto.
Ed i loro punti di vista possono essere utili a me.
Interdisciplinarietà insomma.
Poi c’è la pianificazione successoria.
Quanto è importante, dopo aver contribuito con la propria professionalità a far crescere un portafoglio, evitare che questo venga sperperato in cause tra eredi che contestano un’eredità?!
E se invece di un portafoglio di strumenti finanziari si tratta di una società, magari tramandata da due o tre generazioni, e che occupa decine di dipendenti? Quanto è importante che questo patrimonio, che potrebbe rappresentare la quasi totalità degli attivi di una persona, sopravviva ad essa?
E’ notizia di questi giorni di come nella famiglia titolare della Unichips, proprietaria di vari marchi nel settore alimentare tra cui il noto San Carlo, quello delle patatine per intenderci, si stia consumando una battaglia legale tra eredi per il controllo dell’azienda.
Aggiungo che occuparmi di aziende mi consente di esercitare una certa elasticità mentale, necessaria a trovare tesori altrimenti nascosti.
Recentemente stavo analizzando il bilancio 2022 appena depositato di un’azienda che seguo, ed ho notato che anno su anno avevano avuto un discreto aumento del costo del personale.
Quando qualche giorno dopo ci siamo visti per un caffè ho chiesto ai due soci a cosa fosse dovuto questo aumento e mi hanno detto che a febbraio avevano assunto un nuovo dipendente. Un collaboratore con esperienza (quindi non economico, ma sicuramente produttivo), strappato alla concorrenza.
Ho fatto notare loro che investendo in un semplice titolo di Stato a due anni ¾ della loro liquidità (stabile da 3 anni) spalmata tra il mio ed altri due Istituti avrebbero coperto completamente l’aumento del costo del lavoro.
Quindi aumento della redditività a costo zero.
Con questo “semplice” suggerimento ho strappato un sorriso ai due soci, remunerazione per la società, l’accredito di tutta la liquidità dell’impresa sul mio Istituto e la firma delle raccomandate per estinguere i rapporti personali dei soci, seppur residuali rispetto a quanto già gestito da me, presenti su altri istituti.
Nell’immediato per me l’operazione in termini economici non ha portato molto, ma ha permesso ai miei clienti di percepire come posso essere io il loro unico referente per la loro azienda e per le loro posizioni personali.
La collaborazione tra un consulente ed i suoi clienti quanto più è fondata su dedizione, attenzione, sincerità e tempestività tanto più consente di tirare fuori il meglio per ognuna delle due parti.
Ricordiamoci che il Cristo velato, prima di divenire una stupenda scultura, era un blocco informe di marmo…
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