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La superpotenza di cui deve avere paura la Cina? La Cina.
Qualche giorno fa sono andato ad un’autoricambi. Una visita che ha stimolato in me alcune riflessioni.
Sono andato perché mio figlio più piccolo ha rotto la maniglia di sollevamento del sedile della mia auto.
Quando spiego al commesso di cosa avevo bisogno lui sorride e mi dice: <<Stamattina è venuto anche un altro signore a cui serviva, sappia che costa caro..>>. Tra me e me ho pensato che una maniglietta in ABS, che per produrla serviranno non più di 5 euro, l’avrei pagata 40-50 euro. Il commesso controlla e mi dice: << Il pezzo viene € 250>>, e aggiunge: <<Forse le conviene vedere prima se lo trova commerciale su internet>>.
E così ho fatto.
Ho aperto l’app di eBay ed ho trovato decine di “negozi virtuali” che vendevano lo stesso pezzo, in colore lucido o opaco (come il mio) a prezzi di circa 50-60 euro.
Nemmeno a dirlo si trattava di venditori rigorosamente cinesi. Di pezzi sicuramente prodotti in Cina.
Ho cominciato a pensare al passato. A 20 anni fa.
A quei tempi il paese del Dragone produceva quasi esclusivamente beni a scarso valore aggiunto e di qualità medio-bassa. E magari vendeva quei prodotti anche sottocosto (c.d. dumping) pur di entrare nei mercati “maturi” ed incamerarne la valuta pregiata.
E oggi, quel paese ci tiene per… gli attributi.
Perché dopo aver messo il piede in sordina nell’Occidente, sotto molti aspetti oggi lo domina.
La Cina si è evoluta e nel 2023 garantisce economicità ad un po' tutti i prodotti. Dalle TV agli smartphone, fino alle automobili e motocicli.
Nulla di strano, fa parte dell’evoluzione dei sistemi produttivi, che avviene ora come in passato in tutte le parti del globo, pur se con caratteristiche e tempistiche diverse.
Mi viene in mente una scena di Ritorno al Futuro (non è la prima volta che lo cito ora che ci penso) quando Doc dice a Marthy: <<Lo credo che si è rotto, è Made in Japan>>, e lui risponde << Doc, tutte le cose migliori vengono dal Giappone>>. Parlavano di un chip ed il dottor Brown era “quello del 1955”. L’immagine che aveva del paese nipponico era quello di un paese che produceva beni di scarsa qualità. Trenta anni dopo, nel 1984 di Marthy, era esattamente il contrario.
I prodotti cinesi oggi sono in competizione con quelli occidentali. O meglio, con quelli che ancora vengono prodotti in Occidente.
E l’obiettivo della Cina potrebbe anche non essere quello di primeggiare per qualità, ma magari quantità. Come già avviene.
E lo fanno in tanti settori.
Non è molto rilevante dal punto di vista finanziario ma in Italia (forse anche in altri paesi europei, non ho info in merito) stanno prendendo piede anche nel mondo dei servizi: negozi di casalinghi, bar, parrucchieri, estetisti, sarti e tanto altro.
La Cina sta interpretando (o forse sarebbe più corretto dire <<ha interpretato>>) un processo di evoluzione nella produzione simile al vicino Giappone.
Reinterpretandola.
Perché non si sta dedicando a produrre solo beni ad alto valore aggiunto. Semplicemente produce di tutto. E credo che questo possa rappresentare la migliore e più efficace polizza assicurativa sul suo sistema produttivo.
Volendo possiamo fare un parallelo con il corpo umano.
Se seguiamo una dieta varia ed equilibrata, facciamo attività, prendiamo le giuste medicine quando abbiamo qualche problema, il nostro corpo ne gioverà e starà bene. Ci farà stare bene.
Anche perché oltre a produrre beni, le aziende cinesi non sembrano avere grosse difficoltà a venderli.
Io non credo comprerò mai un’auto cinese. Forse una tv sì. Sicuramente il piccolo ricambio dell’auto, come gli accessori elettronici. E mi capita anche di andare spesso in un bar a Roma dove una barista cinese molto cordiale fa un ottimo caffè.
A prescindere delle preferenze ed orientamenti personali ritengo che mediamente noi italiani ed europei in generale ci stiamo aprendo molto, anno dopo anno, ai prodotti cinesi ad alto valore aggiunto.
Merito loro che hanno saputo conquistarsi sul campo fette di mercato sempre più ampie. In tantissimi settori.
Ma demerito nostro, di noi occidentali, non aver capito che mentre per la Cina produrre a basso costo era un investimento, un “cavallo di troia” per entrare in nuovi mercati, per noi ha rappresentato una corda lenta che pian piano si sta trasformando in un serrato cappio al collo.
Comunque al netto di questi ragionamenti e dei giudizi che posso dare sulla Cina (mi) ricordo che faccio il consulente finanziario ed uno degli aspetti principali del mio lavoro, anche se non l’unico, è quello di far crescere i patrimoni dei miei clienti.
Su come farlo ci si scrivono da sempre libri ed articoli, più o meno seri. Come per le diete.
Ma un’immagine che descrivo ai miei clienti è questa: siamo al piano 0 di un grattacielo e l’obiettivo è salire, il più possibile. Nella maniera più sicura possibile. Se rapida è meglio. Dei 10 ascensori che abbiamo al piano terra di questo grattacielo, mettendo insieme innumerevoli informazioni, oltre ad un po' di intuito, devo capire di volta in volta quale far prendere ai miei clienti, quando farli scendere per cambiare ascensore e a quale piano. Sempre avendo a mente lo stesso obiettivo: salire.
E per il momento “l’ascensore” Cina lo ritengo utile all’obbiettivo (ovviamente senza esagerare…)
Salvo che qualcuno non si metta di traverso sul suo percorso.
Ora la Cina, da tempo pronta all’attacco di una delle sue storiche prede, sembra sempre più vicina a “riprendersi” (dal suo punto di vista) un territorio che le appartiene, l’isola di Taiwan. Un’isola grande 1/8 dell’Italia, ma che produce circa il 60% dei chip di cui abbondano smartphone, automobili (soprattutto quelle “green”) e tutte le apparecchiature elettroniche in generale.
Questa possibile conquista può rappresentare un ulteriore importante tassello per l’economia cinese.
Senza però mettere in conto le reazioni dell’Occidente in caso di attacco militare di Taiwan.
Per questo credo che l’unica superpotenza di cui la Cina deve avere paura sia la Cina stessa.
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