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Fondo pensione integrativo: l’affare (il più delle volte) mancato.
Quanti di voi, leggendo la busta paga da dipendenti, o pagando gli F24 delle tasse se autonomi o liberi professionisti, sobbalzano nel leggere le cifre che lo Stato trattiene dai redditi che produciamo? Credo una buona parte di noi, e talvolta con l’aggiunta di qualche espressione poco elegante. Tanto più se poi ci si ferma a pensare a come vengono utilizzati quei soldi.
Non tutti sanno però che quello stesso Stato, visto a volte come uno Sceriffo di Nottingham capace solo di spremere, sa essere anche “generoso”, se siamo pronti a cogliere le opportunità che ci offre.
L’architettura fiscale in Italia è molto complessa, costituita da un discreto numero di tasse e da una giungla di detrazioni, esenzioni, bonus e deduzioni. Tutti elementi che tra l’altro possono variare, comparire e scomparire da un anno all’altro, rendendo la vita difficile a contribuenti e commercialisti.
In questa “giungla” però, si possono trovare delle belle sorprese. Basta avere una guida che le conosca e che ci sappia condurre verso di esse.
Partiamo da un punto fermo: costruire una posizione previdenziale integrativa, creare il cosiddetto “terzo pilastro”, che si affianca alla previdenza obbligatoria (primo pilastro) ed ai fondi di categoria (secondo pilastro), contribuisce a colmare il gap tra il reddito percepito durante il periodo lavorativo e quello garantito, al momento del pensionamento, dai primi due “pilastri”.
Quanto è importante creare questo “terzo pilastro”? Molto, in alcuni casi indispensabile, soprattutto per i più giovani. Senza dilungarmi troppo sulla normativa che riguarda la distinzione tra calcolo retributivo, contributivo e misto, vi basti sapere che la maggior parte di noi sarà assoggettato al metodo contributivo, ovvero tanto ho versato e tanto riceverò, trasformando il montante (il versato + il rendimento) in rendita vitalizia in base all’aspettativa di vita.
Ok, ma “quanto” sarà questa rendita? Dipende dalla vostra storia contributiva e dal livello retributivo. Di certo una percentuale molto più bassa rispetto all’80% di chi andava con 40 anni di contributi ed il metodo retributivo. Inoltre bisogna considerare che le generazioni dei nati tra gli anni ’40 e ’60 mediamente iniziavano a lavorare prima rispetto alla mia generazione, quella dei Millennials, o di quelle successive. A ciò si aggiungono i “buchi contributivi”, dovuti a più o meno lunghi periodi di disoccupazione, lavoro sommerso o al ricorso a contratti atipici.
Fin qui tutto ok, ma dov’è la bella sorpresa…?
Se vi dicessi che potete guadagnare in maniera sicura in meno di un anno dal 23% al 43% cosa pensereste? Tanti di voi che si tratti di una fregatura. Ma non è così. Nessun investimento strano, niente criptovalute o forex. Questa volta si invertono le parti e quei soldi ve li eroga lo Stato.
Dato che lo Stato è consapevole che non potrà sostenere con le finanze pubbliche il sistema previdenziale negli anni a venire, concede a coloro che hanno un fondo pensione integrativo la deduzione delle somme versate.
Cosa significa? Faccio un esempio pratico: ipotizziamo un dipendente che abbia un reddito annuo lordo di € 60.000. La sua aliquota marginale Irpef (la % di tasse che paga sulla parte più alta del suo reddito) è al 43%. Se durante l’anno solare verserà € 5.000 sul suo fondo pensione, l’anno successivo quando farà la dichiarazione dei redditi riceverà in compensazione € 2.150.
“Sì, ma dov’è la fregatura?” penserà qualcuno. La fregatura non c’è, semmai ci sono dei vincoli che lo Stato impone. Ed è giusto che sia così, visto l’enorme vantaggio che ci concede.
Innanzitutto la posizione previdenziale integrativa deve servire per sostenerci quando andremo in pensione, quindi le somme, salvo alcune casistiche (perdita di lavoro, acquisto prima casa per se o per i figli, sostegno di spese mediche), si potranno riprendere effettivamente quando smetteremo di lavorare.
Poi le somme che posso dedurre non sono infinite: il limite è di € 5.164,57 (i vecchi dieci milioni di lire) all’anno. Posso versare anche di più, ma quelle somme non verranno dedotte. Diciamo che se l’idea che vi era venuta era quella di aprire un fondo pensione con € 300.000 a dicembre 2022 per avere la prossima estate i soldi gratis per comprare casa al mare raffreddo subito la vostra fantasia: non si può fare…
Infine le tasse. Una parte lo Stato la riprende indietro, quando chiederete l’erogazione della prestazione. La percentuale sarà tanto più piccola, fino a scendere al 9%, quanto prima vi siete iscritti alla previdenza integrativa. E comunque c’è una tassazione agevolata rispetto ad altri tipi di investimenti sulle plusvalenze generate dal fondo.
Si tratta comunque di un affare, no? E allora perché non viene sponsorizzato come meriterebbe?
La materia ha una normativa piuttosto complessa, come per il calcolo di quanto è possibile riscattare al momento del pensionamento in un’unica soluzione, oppure per i vincoli temporali imposti dallo Stato. Ma qui subentra la preparazione e la capacità di un gestore di rendere facilmente comprensibile le cose: per sapere come si guida una macchina non bisogna per forza sapere per filo e per segno come è fatto il cablaggio della retrocamera o come vengono assemblati i sedili.
Poi c’è un altro fattore, che riguarda l’approccio commerciale delle banche. E qui vi chiedo: vi è mai capitato che l’impiegato di banca vi chiamasse per farvi togliere un investimento da poco in positivo, dopo aver scontato le commissioni di sottoscrizione, per spostarlo su un altro migliore? Ecco, una parte importante delle commissioni che sostengono i bilanci soprattutto delle banche tradizionali sono proprio quelle commissioni di sottoscrizione che spiegano quella costante e regolare ricerca dell’impiegato fedele al suo istituto del prodotto migliore.
Oggi, con la normativa Mifid, le storture di questo tipo sono ridotte rispetto al passato, ma l’approccio di fondo, al netto del buon senso dell’impiegato, rimane quello. Ed è ovvio quindi che un fondo pensione che non può essere spostato su altro dopo 2/3 anni diviene meno appetibile per chi lo dovrebbe proporre.
Per concludere credo che serva in Italia un’adeguata formazione (dei consulenti / impiegati) ed informazione (dei clienti) sul tema, e nel mio piccolo è quello che faccio con i miei clienti.
Sono rari i casi in cui un fondo pensione può essere controproducente; fondamentalmente solo per chi non ha redditi su cui poter dedurre e si ritroverebbe ad avere vincoli senza benefici. Ma si tratta di casi rari. Pensate che si possono aprire anche ai minori, cosa che io ho fatto ai miei figli appena nati, consentendo ai genitori la deduzione.
Gli affari a volte li abbiamo sotto il naso, basta saperli cogliere!
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