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Un Consulente Finanziario Autonomo che “mette il naso” sui miei portafogli? Perché no!?

Qualche settimana fa ho letto su LinkedIn un’interessante idea lanciata da un consulente finanziario autonomo.

 

Per chi non lo sapesse il consulente finanziario autonomo, figura che in Italia sta gradualmente prendendo piede, è un professionista che non ha un mandato con un istituto o rete di consulenti ma che indica al cliente, qualunque sia la sua banca, come costruire e di volta in volta come correggere, il suo portafoglio di investimenti.

 

Quindi quello che faccio io. Ma senza la parte operativa e la fornitura dei servizi bancari. E con un’indipendenza che, sono io il primo a dirlo, non sempre abbonda in chi fa questo mestiere.

 

Nei paesi anglosassoni questa figura ha una tradizione più lunga. Deriva a mio avviso da una considerazione diversa del libero professionista da una parte e da come vengono viste le banche dall’altra. Non c’è ad esempio in altri paesi quell’affezione a questo o quell’istituto, di cui ci si serve perché “si trova lì dove è sempre stato” o perché è stato “dove ho aperto il primo conto corrente da ragazzo”.

 

Tornando all’idea del collega, immaginando di rivolgersi a dei clienti di banche tradizionali o di consulenti finanziari, chiedeva: perché non far analizzare il vostro portafoglio da un Consulente Finanziario Autonomo?

 

Ho fatto lui i complimenti perché la ritengo realmente un’ottima idea.

 

Credo che nel mio lavoro, al netto di possibili visioni diverse tra consulenti sui mercati, la professionalità abbia una voce univoca. E se si è professionali non si può avere il timore di una verifica sul proprio operato. Anzi. La ritengo un’ottima opportunità per un consulente finanziario monomandatario per far confermare da “altri”, indipendenti anche nel nome, l’autonomia e bontà delle proprie scelte. Se lo sono, ovviamente...

 

L’indipendenza nelle scelte è uno degli elementi indispensabili che fanno di un professionista del settore un “buon consulente”, assieme alla sua competenza.

 

Come si tramuta questo nella quotidianità? Nella mia quotidianità?

 

Ad esempio in questa fase di mercato sto sovrappesando nei portafogli dei clienti strumenti a rendimento zero per me (e per l’azienda con cui collaboro). Le opportunità di mercato lo richiedono e lo faccio senza indugio.

 

Quando ho capito che il mio futuro era la professione del consulente finanziario, ho cominciato ad accettare le proposte di colloquio che le reti di consulenti da qualche tempo mi proponevano.

 

E’ stato in quel periodo che ho letto il libro “Consulente finanziario in 12 mesi” del collega Dario Coloru. Una lettura che consiglio vivamente a tutti coloro che hanno deciso, o stanno anche solo pensando, di passare dall’essere un impiegato bancario a consulente finanziario.

 

Tra le tante cose che ho apprezzato, condiviso e messo in pratica una in particolare l’ho presa come stella polare da seguire senza distrazioni: individuare la realtà ed i manager con cui ci si sente maggiormente in sintonia.

 

Come in un matrimonio.

 

Quando nel 2016 ho giurato “amore eterno” a mia moglie nella chiesa di S. Anselmo a Roma l’ho fatto con la ragionevole certezza che il corso della vita ci avrebbe potuto mettere davanti qualsiasi cosa, ma che l’avere una comune visione del mondo e della vita ci avrebbe permesso di andare avanti insieme.

 

Poi le discussioni ci possono essere.

 

Lo stesso vale per l’azienda con cui si lavora. Sono le 19.15 ed approfitto per scrivere perché un programma è momentaneamente in manutenzione, e le tre consulenze che devo inserire per altrettanti clienti devono aspettare. Lo farò dopo cena. Ammetto che qualche parolaccia rivolta al pc l’ho detta…

 

Quando sono arrivato al punto di scegliere con quale azienda intraprendere questo nuovo percorso mi sono chiesto: <<Cosa fa secondo me la differenza? Quali sono gli elementi che mi possono mettere nelle condizioni di esprimere al meglio la mia professionalità?>>.

 

La mia risposta: l’autonomia in primis, l’avere un catalogo che mi permette di scegliere qualsiasi cosa ci sia sul mercato, avere condizioni top per i miei clienti e, perché no, un brand di prestigio alle spalle. Ed ho accettato la proposta di chi mi garantiva tutto questo.

 

Come detto ho cercato innanzitutto autonomia, quindi non ritengo che solo i consulenti finanziari autonomi siano indipendenti.

 

Indipendente lo ero anche da dipendente. Certo in quel contesto portare avanti autonomamente delle scelte era senz’altro più difficile. E non tanto per le pressioni commerciali, sempre respinte al mittente. Ma perché dovevo fare i conti con gli strumenti che avevo a disposizione. E soprattutto con quelli che non avevo…

 

E’ come chiedere ad uno chef di preparare del cibo di alto livello dandogli solo farina, olio e sale. Potrà preparare del pane, della focaccia, delle piadine. Ma per fare il risotto alla crema di scampi servono il riso, gli scampi e tante altre cose o un miracolo…

 

Prendo l’esempio dei fondi comuni, che rappresentano una parte di ciò che utilizzo nei portafogli dei miei clienti.

 

Mi sono voluto togliere una curiosità ed ho cominciato a contare: ho a disposizione 106 case d’investimento e 4.646 fondi comuni. Nella banca retail in cui ero fino a qualche mese fa avevo 3 case e credo 70-80 fondi.

 

Viene da sé che se gli strumenti che si hanno a disposizione per operare sono limitati si può essere indipendenti nello spirito quanto si vuole, ma i miracoli non si possono fare.

 

Per un altro consulente gli elementi più importanti potrebbero essere altri. Altrettanto legittimi.

 

Una gestione dei portafogli automatizzata per avere tempo da dedicare alla relazione con il cliente. La percentuale di commissioni retrocesse. Oppure un brand noto ai più, che fa pubblicità sulle televisioni. O ancora promozioni spot per facilitare l’acquisizione di nuova clientela.

 

Per me no.

 

Io che sono il padrone della mia osteria dirò sempre che il mio vino è il più buono. Lo credo davvero!

 

Lo dico perché scelgo, in coscienza e con professionalità, il vino che reputo migliore, per servirlo ai miei clienti. Se non fosse vero… beh, dovesse entrare un sommelier che assaggia un aceto che io spaccio per un gran vino la figuraccia sarebbe assicurata!

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